Il trapianto di cornea si rende necessario quando una patologia o un trauma ha compromesso, in modo irreversibile, la visione ed è un intervento che nasce dalla donazione, da un gesto di solidarietà umana che restituisce la gioia di vivere.
“Il trapianto è strettamente correlato a quello di prelievo dei tessuti corneali – spiega il Prof. Leopoldo Spadea – e grazie all’esperienza e all’abilità degli operatori sanitari, all’evoluzione delle procedure chirurgiche dell’intervento, alla buona qualità delle cornee utilizzate, la percentuale di successo di questo intervento è molto alta con oltre il 90% di sopravvivenza a 10 anni”.
Anche durante il periodo della pandemia da Covid-19, la Clinica Oculistica del Policlinico è stata tra i pochi centri d’eccellenza nazionali a portare avanti questa attività, grazie a tutte le misure messe in atto dall’Azienda per contrastare il virus e che hanno consentito di poter operare al meglio nell’interesse dei pazienti.
Nuove metodologie per evitare il rigetto
Oltre all’intervento tradizionale, da anni si praticano nuove metodologie soprattutto per scongiurare il pericolo di rigetto, sempre in agguato dopo un trapianto, grazie anche all’utilizzo di moderni laser precisissimi.
“La cheratoplastica lamellare anteriore è una metodica che consiste nel togliere lo strato alla base della cornea donata (detto endoteliale) e salvaguardare quello omologo del paziente, perché è proprio lo strato interno a contatto con i fluidi intraoculari quello che stimola le maggiori reazioni cellulari immunologiche, che possono attivare il temuto rigetto. Inoltre, con la chirurgia lamellare la cornea trapiantata funziona bene per molti anni, perché è preservata molto di più dai danni inevitabili con le operazioni di espianto dal donatore e impianto dal ricevente. Oltre alle cheratoplastiche lamellari anteriori, si praticano anche delle cheratoplastiche lamellari posteriori o endoteliali, un delicato e sofisticato intervento chirurgico che si esegue quando la malattia della cornea coinvolge solo lo strato più profondo della stessa, cioè l’endotelio corneale” ha precisato il Prof. Spadea.
Questo importante risultato è stato oggetto di una articolo pubblicato sulla rivista scientifica internazionale (Covid-19 and Ophthalmology Practice at University Hospital “Policlinico Umberto I” in Rome. Acta Scientific Ophthalmology; 202:4.1; 01-02)